Prezzo: disponibile a richiesta
Autore: Cintoli, Claudio
Titolo: lettera autografa
Data: 1966

Cintoli, Claudio: riproduzione in bianco e nero piegata a soffietto di un’opera di Cintoli, al cui retro vi sono 6 righe autografe firmate di Cintoli inviate a Roberto Dionisio a Roma nel dicembre del 1966, quando l’artista si trovava a New York. Conservata la busta con indirizzo autografo e francobollo. Raro.

(…) Ciao vecchio mio. Auguroni qui ci fanno la vita dura. Si paga molto il visto di permanenza. Auguroni 1967 a te e moglie (…)

cintoli-claudio-autografoClaudio Cintoli artista, pittore e regista italiano, critico d’arte e performer. È del 1958 la sua prima personale al Palazzo comunale di Recanati. Negli anni a seguire furono numerosi i viaggi in Europa, ed in particolare in Germania ed Inghilterra, e nel 1963 realizzò i suoi primi film d’animazione, oggi andati perduti. Nel 1965 si trasferisce a New York, dove instaura una proficua collaborazione con la Lindberg Productions, con la quale realizzò numerosi film d’animazione. Tornato a Roma nel 1968, Cintoli presenta le sue prime performance alla Galleria L’Attico di Fabio Sargentini. Vengono così realizzate Annodare, Chiodo fisso, Rimbalzare, Puntelliti e Colare colore. Nel 1973 nasce il suo alter-ego Marcanciel Stuprò con cui firmerà in futuro molte sue opere. La definizione di un’arte a-gravitazionale da parte di Claudio Cintoli aveva a che fare con un impellente desiderio di riadattamento, di riscrittura dei termini espressivi e stilistici. Libertà e anarchia, intese all’interno di un inedito stato di lievitazione psicologica e di un’instancabile riflessione sui valori dell’identità, sarebbero state le coordinate da cui partire per una riconcettualizzazione della soggettività dell’artista. Per questo, le opere ipperrealiste di Cintoli venivano rilette dallo stesso autore come galassie in movimento, cifre in espansione: nature morte colte fuori dal tempo, anche se – in alcuni momenti della sua produzione – rappresentate con una tecnica pittorica rinascimentale. L’arte contemporanea era concepita come processo sfalsato, che aveva perso la propria misura antropomorfica, riducendo così l’ingerenza di polarismo, bidimensionalità, formalismo, geometricità compositiva. I vecchi mezzi potevano essere riutilizzati, nel rinnovamento concettuale della loro funzionalità, solo se piegati al raggiungimento di fini originali, in cui tutte le parti di un progetto potessero scoprirsi reversibili ed intercambiabili, in cui al dettaglio fosse continuamente concesso di riversarsi nel tutto.

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