Zuccoli, Luciano: Manoscritto autografo firmato dal titolo: Scene della vita ironica. I segugi. 4 pagine numerate (33,5 x 23,5 cm.) con diverse correzioni, ripensamenti, aggiunte. Si tratta del breve racconto intitolato I seguci inserito nella raccolta La vita ironica, pubblicata dai Fratelle Treves nel 1915.
(…) La signorina traversa la strada bruscamente, mi viene incontro, mi ferma, mi dice: – Vuole avere la bontà di accompagnarmi fino a casa? Io la conosco da circa tre anni; è bruna, alta, molto piacevole; e non essendo ricca, qualche volta deve uscire sola a far compere, mentre la madre attende ai figlioli più piccoli.
Ingenheim, Luciano von (pseudonimo: Luciano Zuccoli) nacque a Calprino, nel Canton Ticino, nel 1868, in una famiglia aristocratica di origine tedesca. Ultimati gli studi classici a Milano, dove viveva con la madre e le due sorelle, si arruolò nell’esercito come ufficiale di cavalleria. Egli stesso si descrive con una punta d’ironia: “riottoso, prepotente, bevitore, giocatore e libertino, beffardo e cinico”; né manca l’esperienza dell’assenzio e della morfina, che faceva parte del “corredo” dell’eroe decadente in voga all’epoca. Tuttavia, reali interessi culturali finirono con l’indirizzarlo diversamente; prese a frequentare i luoghi d’incontro degli intellettuali milanesi, come il Savini, e divenne amico di Rovetta, Butti, Praga e di altri importanti esponenti dell’intellighenzia lombarda. Contemporaneamente all’attività di narratore Zuccoli si cimentò con successo anche nel giornalismo. Oltre alla collaborazione con il Marzocco curò la rubrica “Uomini e cose della vita italiana” per La Rassegna internazionale; quindi, nel 1898, fondò a Modena un foglio di indirizzo conservatore, La Provincia di Modena, che diresse per due anni. Nel 1903 venne chiamato a dirigere Il Giornale di Venezia che, nel 1906, si fuse con La Gazzetta di Venezia, di cui fu direttore fino al 1912.
Dopo la raccolta di novelle La compagnia della Leggera, e i romanzi L’amore di Loredana e Donne e fanciulle, seguì un catalogo fitto di titoli che ottennero quasi sempre un notevole successo di pubblico. Oltre al grande consenso di pubblico, che fece di Zuccoli uno degli scrittori più seguiti del primo Novecento, anche la critica letteraria contemporanea si mostrò quasi sempre benevola nei suoi confronti. Capuana, recensendo il romanzo Il maleficio occulto, osservava: “Non posso trattenermi di rallegrarmi con lei del suo accostarsi alla realtà e di vedergli adoperare quella efficacissima semplicità di forma che è fra le più grandi difficoltà da superare, specialmente in Italia al tempo d’oggi”. Federzoni lo incluse fra i dieci Candidati all’immortalità e ancora nel 1923 Russo riconosceva in lui un degno erede del romanticismo lombardo. Sperimentò il cinema, nel quale si cimentò dapprima come produttore – e forse anche regista – di L’antica fiamma e L’edera senza quercia, quindi come sceneggiatore. Tra il 1927 e il 1928 Zuccoli lasciò l’Italia trasferendosi a Parigi per curare le traduzioni delle sue opere. Morì a Parigi nel 1929. Zuccoli fu uno fra gli esponenti più significativi di quella letteratura di consumo che, nel primo ventennio del Novecento, rese l’estetismo dannunziano accessibile a un pubblico sempre più vasto.
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