Pacini, Giovanni: lettera autografa firmata di 3 pagine (21,5 x 14 cm.) scritta su carta con lo stemma di Pacini impresso a secco in alto a sinistra. Il compositore scrive all’avvocato Pelisani il 31 settembre 1894. Ben conservata.
(…) Ben meriterei che mi si ricopra d’ogni più amaro rimprovero per aver mancato alla di lei stimabilissima, quanto cara persona di riguardo e convenienza? Ma Ella sì gentile e cortese saprà combinare le (?) mancanze alle tante mie occupazioni le quali, oltre che tenermi lontano dalla famiglia, mi costringono trascurare le più pregiabili affezioni. (…) Grato (…) per grande apprezzabile dono che si compiacque farmi delle Tre (Ricordanze?) riferibile a quel caro angioletto che si noma (?) Giulio. Oh! come lessi con avidità i … componimenti che fiorati dai più caldi affettuosi pensieri, adornati di quella purezza di lingua di cui Ella, apprezzabile Avvocato, è maestro e duce di color che sanno (suscitare?) in me le più dolci sensazioni! Oh! Temi, Temi che fai col togliere alla Patria il più puro, immaginario Cantor de’ giorni nostri?… Di chi la colpa? Di chi?… Lo so ben io!… Oh! Italia quando darai senno?… Trascurerai sempre in tal modo le lettere, le Arti Belle? A dio non piaccia!… (…)
Giovanni Pacini nasce a Catania (17 febbraio 1796) durante uno dei tanti trasferimenti del padre, il toscano Luigi Pacini, che per la sua professione di cantante d’opera è costretto a spostarsi da una città all’altra. All’età di circa dodici anni inizia a studiare canto e contrappunto a Bologna e un anno dopo composizione a Venezia. Prima di aver compiuto i diciotto anni comincia a comporre, con un certo successo alcune piccole opere buffe ma raggiunge il successo vero e proprio soltanto nel 1817 con la rappresentazione, al Teatro Re di Milano, dell’opera Adelaide e Comingio. Appena ventunenne comincia la sua lunghissima carriera nel mondo del melodramma. Nel corso di un cinquantennio comporrà quasi novanta opere superando ogni altro musicista. Nel 1820, a Roma, collaborò con Rossini all’opera Matilde di Shabran. L’anno successivo (1821) presentò la sua opera Cesare in Egitto, che ebbe grande successo a Roma. Le sue due opere Alessandro nelle Indie e L’ultimo giorno di Pompei trionfarono al Teatro San Carlo nel 1824 e 1825 tanto che il successo gli consentì di occupare per diversi anni il posto di direttore del San Carlo. Le successive opere Niobe (1826), Gli Arabi nelle Gallie (1827), e I fidanzati (1829), ottennero anch’esse un enorme successo. Nel 1837 fu nominato Maestro di cappella a Lucca. Dopo una pausa di circa sei anni, riprese a comporre, ottenendo grande successo con le opere Saffo (che, rappresentata al San Carlo di Napoli, fu la sua opera più fortunata), Medea di Corinto, Bondelmonte ed altre ancora. Continuò comunque l’insegnamento a Viareggio nel Liceo musicale da lui fondato. Nel 1857 si trasferì a Pescia dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.
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