Mazzini, Giuseppe: interessante lettera autografa di 4 pagine firmata due volte (13,5 x 10,5 cm.), indirizzata a Giovanni Grilenzoni: Genova 26 maggio (1860). La lettera è riportata nell’epistolario volume XXXIX, ma è nota solo attraverso la copia depositata presso la Regia Commissione.
Anche Mazzini, come Garibaldi, si sarebbe adoperato per raccogliere fondi e fucili a favore dell’impresa garibaldina, dando segretamente il consenso ad un’iniziativa che partiva da Garibaldi ma aveva l’assenso più o meno esplicito di Vittorio Emanuele come Mazzini ben sapeva; cosa che il patriota italiano era anche momentaneamente disposto ad accettare pur di liberare l’Italia dal giogo straniero ed unirla in un unica nazione, anche se sotto la guida del re. Mazzini dunque sarebbe anche stato disposto a rinunciare al sogno repubblicano, anche se apertamente non era possibile confessarlo. E’ quanto emerge dalla notevole confessione fatta nella lettera autografa qui di seguito descritta:
(…) Perché parli di Besana e Finzi? Le somme ch’essi ritirano sono perdute per noi: vanno ad intenti definiti e Siciliani direttamente. Noi vogliamo aiutar la Sicilia indirettamente, cioé nel Regno dov’è il nodo della questione. Adoperatevi dunque perché le somme vadano a Bertani: nulla più facile della spedizione a ordine suo…
Garibaldi aveva scritto proprio l’11 maggio 1860 a Bertani per incaricarlo ufficialmente di raccogliere quanti più mezzi possibile per coaudiuvare la spedizione. Per adempiere a questo mandato Bertani aveva istituito una Cassa col titolo Soccorso a Garibaldi. Invitava dunque tutti coloro che volessero contribuire alla raccolta dei mezzi a mettersi in corrispondenza con lui e a versare nella Cassa appositamente istituita. D’altra parte la direzione del Fondo per il milione di fucili, formato da Finzi e da Besana, ritenendo tener mandato dal generale Garibaldi di ripetere sempre, di ricordare sempre alla Nazione le parole da lui lasciate avanti di partire …, di fronte alla dichiarazione del Bertani, inviava il 16 maggio al quotidiano il “Diritto”, nel quale lo stesso Bertani aveva comunicato essere l’unico incaricato della raccolta di fondi, una sua dichiarazione nella quale spronava a fare pervenire i fondi per l’acquisto dei fucili presso la direzione stessa, che era in diretta comunicazione con la Società Nazionale Italiana, la quale già dal 7 maggio aveva diramato una circolare, firmata da La Farina, relativa alle oblazioni per la Sicilia, dove La Farina dichiarava di aprire per proprio conto una sottoscrizione nazionale volta a recuperare fondi da tutta Italia. Garibaldi non aveva mai smentito ufficialmente l’iniziativa di Finzi e Besana, benché questa suscitasse molte polemiche e proteste da parte dei devoti di Bertani e le relative risposte da parte di La Farina che si sentiva autorizzato ad agire come aveva fatto. A smorzare gli animi intervenne sul quotidiano l’Opinione Medici, che il 24 maggio 1860 affermava che sia Bertani che La Farina, che Finzi e Besana, erano autorizzati alla raccolta di fondi per il milione di fucili.
(…) Capisci che io repubblicano da trenta anni non posso mettermi a urlare in piazza: Viva Vittorio Emanuele. Ma dico, ridico e ridirò che accettiamo il grido quando sorga da altrui, dal popolo come nelle province del centro. E d’altra parte, quando gridiamo Unità, cioé all’Italia già emancipata ch’è monarchia, non basta? (..) Guerra a La Farina e ai caporioni della Società Nazionale: Pace ai suoi membri: cercar di conquistare all’indipendenza e all’idea dell’azione sulle Marche e sull’Umbria per andare negli Abruzzi, i Comitati secondari, composti probabilmente d’illusi più che di tristi: Sottoscrizioni da concentrarsi in Bertani e, quando si trovano buoni davvero che intendono esservi cose da farsi che non possono dirsi ad alcuno, in me: Organizzazione di popolani e di giovani d’azione, per centurie o semi centurie, da potersi mobilizzare venendo il momento: Raccolta d’armi speciali in dono, come revolvers e armi di precisione: Impianto di Comitati col nome della Nazione, che si tengano in corrispondenza con Genova e noi. (…) Studiare se vi fosse modo d’avere, venuto il momento, armi della guardia nazionale. Propaganda assidua dell’idea di mover guerra popolare al Papa e al re di Napoli. L’insurrezione Siciliana e la spedizione di Garibaldi e il fermento generale danno l’iniziativa al popolo e cominciano un secondo periodo del nostro moto. Bisogna aver coraggio e dominare il Governo, creando una agitazione generale. Noi vogliamo invadere: ma a modo d’esercito, non con centinaia, ma con migliaia. Bisogna dunque organizzare come meglio si può i volenterosi. E’ un secondo moto di volontari sotto la nostra direzione. Comunica queste idee all’amico M. (…)
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