Portoghesi, Paolo: Dopo l’architettura moderna, Bari, Laterza, 1980, 21,5 x 13,5 cm. Brossura editoriale; pp. 290, (14) con molte illustrazioni a colori e in bianco e nero. Bella dedica autografa firmata di Paolo Portoghesi a Carlo Ripa di Meana. Lievissimi puntini marginali al retro di copertina. Edizione originale.
Nel 1979 Portoghesi viene eletto direttore della Biennale di Venezia. Nello stesso anno dà incarico ad Aldo Rossi di costruire il Teatro del Mondo su un natante ormeggiato nel bacino di San Marco, che veleggerà poi fino a Ragusa. Nel 1980 la Biennale da lui diretta vede protagonista l’installazione “Strada Novissima” in cui venti architetti di fama internazionale, tra cui Frank Gehry, Rem Koolhaas, Charles Moore, Hans Hollein e Franco Purini, furono chiamati a disegnare venti facciate contigue, ognuna di 7 metri di larghezza, con un’altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50 metri e che diverrà manifesto dell’Architettura postmoderna. A tal riguardo ha scritto i saggi Dopo l’architettura moderna e Postmoderna: l’architettura nella società post-industriale. Portoghesi non ha rifiutato i canoni del Movimento Moderno nella sua interezza, ma si pone piuttosto all’interno di quel variegato mondo del razionalismo italiano fatto di molte sfaccettature anche contrastanti. Autore di diverse opere di una certa notorietà, fra le quali la Moschea di Roma, realizzata in collaborazione con Vittorio Gigliotti e l’architetto Sami Mousawi, e la rifunzionalizzazione del borgo di Calcata (nella Valle del Treja), ha operato anche nella ricerca storiografica di settore ed è critico d’arte. È uno studioso del Barocco romano e in particolare di Borromini. Per i meriti conseguiti nell’ambito della sua attività professionale e culturale, è stato nominato membro dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, dall’Accademia di San Luca e dell’Accademia dei Lincei a Roma e dell’American Institute of Architects. Negli ultimi anni della sua attività Portoghesi concentra la sua attenzione su quella che, citando Le Corbusier, chiama geoarchitettura. In linea con la teoria della decrescita di Serge Latouche, Portoghesi parla di un’architettura “umanistica” che rispetti sette criteri fondamentali: imparare dalla natura, confrontarsi con il luogo, imparare dalla storia, impegnarsi nell’innovazione, attingere alla coralità, tutelare gli equilibri naturali e contribuire alla riduzione dei consumi.
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