Lucini, Gian Pietro: Revolverate, Milano, Edizioni di “Poesia”, 1909, 19 x 15 cm. Brossura editoriale; pp. 360. Una discreta, piccola firma di appartenenza in copertina di un discendente di Garibaldi, Giuseppe Carlo Garibaldi. Dedica autografa firmata di Filippo Tommaso Marinetti alla prima carta bianca. Esemplare in eccellente stato di conservazione. Edizione originale.
Il volume nasce dalla delusione per i drammatici eventi storici occorsi a Milano nel maggio 1898 e, in particolare, l’8 maggio 1898, giorno in cui il generale Bava Beccaris dà ordine di sparare sulla folla con i cannoni ad alzo zero. I morti sono molti, probabilmente più di trecento, e i feriti un migliaio. La dura repressione dei moti segna in Lucini un punto di non ritorno: rimanendo isolato nel palazzo di Breglia, da quel momento in poi si orienterà verso un impiego sistematico delle armi del sarcasmo e dell’ironia. Proprio dall’impegno in una violenta polemica civile nascono le Revolverate, il cui titolo originale era Canzoni amare: pubblicate fin dal 1899 sulla rivista repubblicana “La Educazione Politica”, le poesie vengono successivamente stampate in volume nel 1909 per le edizioni futuriste di Poesia. La novità di Lucini è la dissacrante costruzione di una forma “comica” della moralità, attraverso una poesia che tende all’antisublime e che si scontra con gli aurei paradigmi formali di Gabriele D’Annunzio e con la ricerca marinettiana di una forma tragica. Continua e arriva al suo apice nelle Revolverate quella poetica, già iniziata con i precedenti Drammi delle Maschere, dell’antigrazioso per cui Lucini può essere considerato, come voleva Sanguineti, il primo dei moderni. Lucini è infatti il primo a ferire il paradigma della grazia tipico della tradizione letteraria italiana.
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