Crovi, Raffaele: Giornalista involontario, Reggio Emilia, Aliberti editore, 2005, 21 x 14 cm. Brossura editoriale con alette; pp. 347, (5). Dedica autografa firmata e datata (2005) di Raffaele Crovi al critico letterario Paolo Mauri. Edizione originale.
Si potrebbe essere scettici sull’opportunità di riproporre in volumi scritti nati in origine per riviste e giornali. Eppure questi testi, alla lettura, si rivelano freschi, vivaci, stimolanti, come se fossero stati scritti ieri. – Crovi, come mai questa volontà di ricapitolazione? – “Sia io che altri lettori ai quali ho sottoposto questo materiale, abbiamo avuto modo di constare la tenuta nel tempo degli scritti, a livello sia di contenuti, di analisi, sia di linguaggio. Penso che ciò sia dovuto al fatto che io, come critico, mi sono sempre preoccupato di utilizzare una lingua non specialistica, non troppo criptica o tecnica. Ho sempre cercato di scrivere come se volessi consegnare queste note alla futura memoria dei miei figli. Il fatto di ripubblicarle in volume è un tentativo di evitare un loro uso arbitrario da parte dei miei eredi o degli editori quando non ci sarò più. Non ho mai amato le vedove e i figli che si inseriscono in modo avventato nella memoria culturale degli scrittori”. – Perché “giornalista involontario”? – L’aggettivo involontario dice diverse cose. Innanzitutto che non sono un giornalista professionista. Ad esempio non ho mai fatto cronaca. Io ho fatto, al massimo, il reporter culturale. Mi è piaciuto piuttosto osservare e valutare alcuni fatti, alcuni fenomeni. All’origine non c’è una scelta programmata. Involontario, poi, vuol dire che il mio svolgere un lavoro di carattere giornalistico è legato soprattutto al gusto di partecipare a determinati dibattiti e discussioni. Il volume è diviso in quattro sezioni: Interviste (da Italo Calvino a Toni Morrison, da Jorge Amado a Tiziano Sclavi); Reporter (cronache letterarie, premi, ecc.); Dialoghi polemici (polemiche, lettere aperte, ecc.); L’Italia nei libri (soprattutto recensioni). In quest’ultima parte ho preso a pretesto i libri degli altri, privilegiando un giornalismo comunicativo, narrativo, sociale. In generale si è trattato di un discorso non omogeneo, un po’ improvvisato nelle sue tappe, nel nostro Paese.
Richiedi Informazioni