D’Ambra, Lucio: L’ombra della gloria. Tetralogia delle ombre, Milano, Mondadori, 1931, 19,5 x 13 cm. Cartone editoriale decorato a ramage stampati a mano con titolo su etichetta in carta applicato al piatto anteriore e al dorso; pp. 378, (8). Uno dei 30 esemplari numerati fuori commercio impressi su carta a mano Fabriano e composti in caratteri “Garamond” appositamente scelti da Mondadori per questa serie di lusso che comprendeva la stampa di pochi titoli di autori assai noti al grande pubblico, fra i quali Pirandello, Alba De Cespedes, Brocchi, ecc. Dedica autografa firmata e datata (1932) di Lucio D’Ambra: Esemplare numero 30 dell’Edizione di lusso fuori commercio offerto alla dottoressa Erminia Marconi per cordiale, affettuoso ricordo di… Leggera scoloritura del dorso per esposizione alla luce; leggeri segni d’uso fra il dorso e l’attaccatura dei piatti, ma esemplare in barbe, in ottimo stato di conservazione di questo bellissimo oggetto. Seconda edizione notevolmente rivista e modificata dall’autore.
Lucio D’Ambra nasce a Roma il 1° novembre 1880. Autore estremamente prolifico e di successo, romanziere, saggista (a lui si deve la scoperta in Italia di Proust in Rassegna contemporanea nel 1913), commediografo, impresario teatrale, si dedica anche al cinema ottenendo un successo ragguardevole di critica e di pubblico. Lavora per case di produzione come Medusa, Film D’Arte Italiana, Do.Re.Mi. in veste di soggettista e sceneggiatore a fianco di Eugenio Perego, Carmine Gallone, Amleto Palermi. Esordisce nella regia nel 1917 con Emir cavallo da circo. Nel 1919 fonda la casa di produzione D’Ambra Film, che confluisce nel 1922 nell’UCI (Unione Cinematografica Italiana). Il suo nome, tra il 1916 e il 1922 è legato a oltre quaranta titoli, poi andati in gran parte perduti. Nel 1920 è direttore di Romanzo-film, con romanzi quindicinali tratti da film di successo e scritti dallo stesso regista. Negli stessi anni, mentre va scemando la fortuna critica, teorizza la sua idea di cinema come “fantasia degli occhi” nel saggio Il mio credo e rivela il particolare interesse per la composizione figurativa – testimoniato anche dalla frequente collaborazione con artisti e pittori che creano le scenografie geometrico-floreali – per i valori cromatici e il ritmo compositivo. Il suo nome però si lega soprattutto alla commedia leggera e al gusto per gli intrighi comico sentimentali che gli valgono nel 1935 il parallelo con Lubitsch. Influenza buona parte della produzione italiana di quegli anni. La sua attività letteraria si è estrinsecata in una serie di romanzi raccolti in sette trilogie. Muore a Roma il 31 dicembre 1939.
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