Tadini, Emilio: La tempesta, Torino, Einaudi, 1993, 22,5 x 14,5 cm. Tela editoriale con sovracoperta; pp. 384, (4). Dedica autografa firmata di Tadini a Vittorio Foa, politico e giornalista italiano, uno dei padri fondatori della Repubblica. Leggera abrasione al retro della sovracoperta. Edizione originale.
Semiperiferia milanese. Sembra una storia di ordinaria follia metropolitana. Un’ingiunzione di sfratto ha un esito drammatico: l’inquilino si barrica in casa e spara sulla polizia. Pur di non abbandonare l’abitazione, alla fine si uccide, ma prima dell’ultimo gesto disperato ha un lungo colloquio con un giornalista a cui racconta la sua storia. Reso folle da rovesci esistenziali il protagonista aveva trasformato la sua casa in un sacrario, dove accatastava miseri oggetti quotidiani dotati per lui di un valore simbolico, tutte tracce di destini perduti e senza senso che lui ricostruisce come in una realtà alternativa. Gli è fedele compagno un extracomunitario nero, anche lui un relitto sperduto, un senza destino. La rappresentazione della notte milanese assieme alla sua fauna di prostitute, di travestiti, di barboni e di drogati, acquista la vivezza e il ritmo spezzato di una sequenza da cinema neoespressionista. Il Titanic che Prospero scorge sprofondare ogni notte in fondo a un’arteria milanese, con la sua brava orchestrina scatenata che suona il rock, resta una delle immagini più forti che la letteratura dei nostri anni ci abbia dato.
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