Craxi, Bettino: fotografia originale nella quale è ritratto Bettino Craxi, De Martino e altri compagni durante la storico e importantissimo congresso svoltosi all’Hotel Midas di Roma nel 1976, che vide l’elezione di Craxi a segretario del partito: gelatina ai sali d’argento in stampa d’epoca : 1976. La fotografia misura cm. 24 x 17 cm. ed è ben conservata.
Al 40° congresso del PSI (Roma, 3-7 marzo 1976) non ci furono mozioni contrapposte e fu unanimemente approvata la linea dell’alternativa socialista che auspicava una graduale transizione al socialismo, nel rispetto della democrazia e della libertà. Non era molto chiaro però quale condotta tenere, fino a quando non si fossero realizzate le condizioni politiche ed elettorali per attuare in concreto tale linea. Non essendoci stata votazione, la composizione del Comitato Centrale fu concordata. Alla segreteria del partito fu riconfermato Francesco De Martino, con vicesegretari Giovanni Mosca e Bettino Craxi. Al trionfalismo socialista non corrispondeva un’univoca comunicazione all’esterno della linea politica adottata dal congresso. Nei mesi precedenti le elezioni politiche del 20-21 giugno 1976 molti dirigenti, tutti abbastanza sicuri dell’imminente vittoria, di cui non conoscevano solo le proporzioni, si esibivano in una serie di prese di posizione, tali da ingenerare nell’elettorato non poche perplessità: chi parlava di rapporto preferenziale con la DC, chi di fine del centro-sinistra, chi di alternativa, chi di governo delle sinistre, chi di governo di emergenza, chi perfino di monocolore socialista. Da ultimo il proposito di voler includere il PCI nell’area governativa enunciato poco prima del voto dal segretario del partito, riassunto nello slogan mai più al governo senza il PCI: cosa che probabilmente provocò una fuga dell’elettorato più a sinistra verso il PCI, mentre chi era fautore di una netta distinzione nei confronti dei comunisti si orientò verso altre formazioni. L’esito, benché prevedibile, non fu previsto e risultò assai inferiore alle aspettative: il PSI si attesto’ al 9,64 % alla Camera con 57/630 seggi e al Senato al 9,8 % e 29/315 seggi. Ne seguì lo sbandamento del gruppo dirigente, ora proteso alla ricerca delle cause del mancato successo e ai rimedi per garantire al partito uno spazio e una caratterizzazione politici che ne valorizzassero la storia e la funzione nella società italiana. Fu soprattutto giudicato un grave errore l’aver messo al centro della campagna elettorale la questione comunista, cioè la volontà di sostenere la partecipazione del PCI al governo del Paese. La prima istintiva reazione, già all’indomani delle elezioni, fu la presentazione delle dimissioni dall’incarico da parte del vicesegretario Giovanni Mosca. Intanto una forte fibrillazione si stava diffondendo nel PSI, soprattutto nelle sue ali estreme, la sinistra e gli autonomisti, in cui si prendeva coscienza della contraddizione di fondo della politica socialista, oscillante tra la prospettiva di superamento del centro-sinistra e la pratica del quadripartito.
Mentre sembrava prendere corpo l’intesa DC-PCI, con l’elezione del democristiano Amintore Fanfani alla presidenza del Senato e del comunista Pietro Ingrao a quella della Camera, e si preparavano gli accordi che daranno vita al 3° governo Andreotti, detto della non sfiducia o di solidarietà nazionale. Il pomeriggio del 12 luglio 1976, all’hotel Midas di Roma iniziava la riunione del Comitato Centrale del PSI, con l’introduzione di Nenni e quindi con la relazione del segretario De Martino. Il giorno dopo, 13 luglio, un documento presentato da Enrico Manca, già delfino di De Martino, in cui si invitava il partito a dare concreta operatività al superamento delle attuali correnti organizzate, venne approvato all’unanimità dal C.C. Un simile documento obiettivamente spezzava ogni solidarietà di gruppo e dava libertà di movimento ai singoli membri del C.C. e in particolare ai leader emergenti. De Martino sembrò sottovalutare il fermento che agitava il PSI, ritenendolo frutto di un’esigenza di rinnovamento generazionale, mentre – dirà anni dopo – si mirava ad una trasformazione del partito che lo avrebbe snaturato. Successivamente i rappresentanti della sinistra nella Direzione annunciarono di dimettersi dalla stessa per favorire un profondo rinnovamento delle strutture del partito, invitando gli altri componenti a seguire il loro esempio. A questo punto venne a galla quella che, più o meno impropriamente, sarà detta la rivolta dei quarantenni ed anche la congiura del Midas, che indusse quel vecchio gentiluomo che era De Martino, illustre professore di Diritto Romano, a rassegnare le dimissioni da segretario nazionale, subito seguito dalla Direzione in blocco. Nella notte tra il 15 e il 16 luglio, il C.C. elesse, a scrutinio segreto, la nuova Direzione del Partito, cui spettava statutariamente l’elezione del nuovo segretario nazionale. De Martino, per sua volontà, non entrò nella nuova Direzione. Il sistema correntizio, poco prima uscito dalla porta, rientrava dalla finestra! Il Comitato Centrale si chiuse con l’approvazione di un documento politico che invitava il Partito ad una riflessione sistematica, capace di fargli superare la fase critica della sua presenza nella società. Si aprì dunque il problema della successione a De Martino nella segreteria, a cui si dedicarono i nuovi capi emergenti, in particolare Enrico Manca, ora a capo di un sottogruppo di demartiniani dissidenti, Claudio Signorile, di fatto nuovo leader della sinistra lombardiana, i quarantenni Fabrizio Cicchitto, Gianni De Michelis, Antonio Landolfi, Bettino Craxi. Inizialmente emersero tre possibili candidature: quelle di Enrico Manca, di Antonio Giolitti e di Bettino Craxi. Quella di Manca non poté decollare, perché sembrò inopportuno sostituire De Martino con chi gli era stato più vicino; quella di Giolitti, invano sostenuta da Riccardo Lombardi, trovò ostacoli insormontabili nel suo presunto carattere distaccato e lontano dagli umori della base. L’impulso a scegliere Craxi partì principalmente da Giacomo Mancini, vecchio rivale di De Martino. Il 16 luglio 1976 Bettino Craxi fu eletto segretario nazionale con 23 voti a favore e 8 astensioni.
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