Fermi, Enrico: fotografia originale nella quale è ritratto Enrico Fermi durante una conferenza alla Montecatini a Milano: 20 ottobre 1949. Gelatina ai sali d’argento in stampa d’epoca: 13 x 18 cm. Al retro didascalia dattiloscritta e timbro a tampone della Publifoto. In ottimo stato di conservazione.
Nell’estate del 1938 la campagna antisemita del regime fascista iniziò ad assumere toni preoccupanti: il 14 luglio un gruppo di docenti universitari firmarono il “Manifesto della razza”, il 2 Settembre furono promulgate le leggi razziali. Queste toccavano Fermi molto da vicino poiché la moglie, Laura Capon, era ebrea. Fu a questo punto che Enrico maturò la decisione di lasciare quell’Italia: il suo senso di giustizia e di onestà si ribellava alla fatale degenerazione della civiltà italiana. Dovendo agire con prudenza per evitare possibili rappresaglie da parte del regime, come ad esempio il ritiro del passaporto, Enrico rispose alle università statunitensi che gli avevano già fatto delle proposte, scrivendo che le ragioni dei suoi precedenti rifiuti erano cambiate. Infine Enrico scelse la Columbia University di New York. Il 10 novembre 1938 Fermi ricevette l’annuncio che gli sarebbe stato conferito il premio Nobel “per le sue dimostrazioni dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi e per la scoperta collegata di reazioni nucleari indotte da neutroni lenti”. Decise quindi di andare a Stoccolma a ritirare il premio e non fare ritorno in Via Panisperna, ma da lì partire direttamente per gli Stati Uniti. Emilio Segrè, che nel 1936 era divenuto professore di Fisica Sperimentale a Palermo, si trovava in visita a Berkeley nel Novembre del 1938 quando ricevette la notizia che era stato sospeso dall’insegnamento e rimase anche lui negli Stati Uniti. Rasetti sarebbe emigrato in Canada nell’estate del 1939. Fermi ricevette il premio Nobel a Stoccolma e il 24 Dicembre si imbarcò con la moglie e i due figlioletti diretto a New York. Non apprese fino al suo arrivo negli Stati Uniti la notizia sensazionale pubblicata proprio in quei giorni dagli scienziati tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann che avevano ottenuto la fissione dell’uranio irradiandolo con neutroni. Alla Columbia Fermi trovò diversi altri fisici fuggiti dall’Europa nazi-fascista come Teller, von Neumann, Wigner, e ricominciò con entusiasmo a insegnare e a fare ricerca, ovviamente incentrata sulla fissione nucleare. Fermi intuì immediatamente la possibilità di utilizzare i neutroni emessi nel processo di fissione per innestare una reazione a catena, controllata, per produrre energia. Il 2 Dicembre del 1942 sotto le gradinate dello stadio della Università di Chicago Fermi mise in funzione la prima pila atomica alla presenza di una quarantina di colleghi e tecnici. Ventotto minuti dopo la reazione fu arrestata: Wigner stappò una bottiglia di Chianti che teneva in serbo da settimane per l’occasione e Compton telefonò al rettore della Harvard University dandogli in codice il messaggio del successo raggiunto da Fermi: “Jim, sarai contento di sapere che il navigatore italiano è arrivato poco fa nel nuovo mondo”. Nel 1949 Enrico Fermi tornò in Europa, più di 10 anni dopo la sua partenza, per partecipare ad alcune conferenze, una delle quali a Como, dove presentò una sua teoria sull’origine dei raggi cosmici. Ebbe così modo di rincontrare molti dei suoi “vecchi” amici e colleghi: Amaldi, Bernardini, Pontecorvo, Rossi, Wataghin. Fermi tenne delle lezioni per giovani fisici a Milano e a Roma. Tornato in America riprese avidamente la ricerca scientifica e iniziò a studiare le interazioni forti utilizzando il sincrociclotrone appena messo in funzione. Nel 1953 analizzò i dati dei suoi esperimenti sulle interazioni tra pioni e nucleoni utilizzando una delle prime macchine calcolatrici dei laboratori di Los Alamos.
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