Carrà, Carlo: Guerrapittura, Milano, Edizioni Futuriste di Poesia, 1915, 26,5 x 19,5 cm. Brossura editoriale; pp. 104, (6) + due tavole fuori numerazione ripiegate in fine volume (riproduzione del manifesto Programma politico futurista, 1913; riproduzione del manifesto Sintesi futurista della guerra, 1914); un ritratto fotografico dell’autore in bianco e nero fuori testo di Nunes-Vais, 12 tavole in bianco e nero nel testo di cui una ripiegata, intitolate 12 Disegni guerreschi) e numerose composizioni parolibere. Significativa e poco comune dedica autografa firmata e datata (Milano 15. 3. 1916) di Carlo Carrà al musicista Giannotto Bastianelli, futurista: all’amico Bastianelli ringraziandolo della gioia datomi col concerto al Cova ieri sera: il bar Cova a Milano era uno dei ritrovi usuali dei futuristi. Leggere bruniture marginali in copertina anteriore; piccola ammaccatura alla parte alta del dorso (muto) senza mancanze; angolino destro inferiore della copertina anteriore con una lieve mancanza di 2 millimetri. Edizione originale.
Testo fondamentale dell’interventismo e della teoria dell’arte futurista (…) Aggiornare l’Italia ai sensi della modernità in arte era il nostro primo scopo, e ciò può dirsi sia stato raggiunto nel limite del possibile, se consideriamo che l’arte non è per sua natura un fenomeno facilmente divulgabile. Grazie al futurismo l’arte moderna cessò di essere da noi un amore clandestino, una reazione contro l’accademismo, e divenne un problema nazionale della nuova Italia (…) La base architetturale del quadro, nel concetto futurista di nuova espressione della forma, risponde all’idea sinfonica delle masse, del peso e del volume, d’un generale movimento di forme determinato dalla nostra moderna sensibilità. Quindi, niente uguali suddivisioni delle parti costruttive, come usarono gli artisti del passato, bensì di forme concrete con forme astratte, di forme velate con altre trasparenti; ripetizioni di parti di certi corpi le quali, rompendosi, s’intersecano e si compenetrano. Noi affermiamo, infine, che il nostro concetto della prospettiva era in antitesi con quello della prospettiva corrente. Dinamico nella sua applicazione, esso produce nello spirito dell’osservatore una somma assai maggiore di emozione plastica, ottenendo così una unità architettonica del quadro, che secondo noi faceva balzar fuori una verità più intensa, più viva, più vasta. E il quadro, col suo contenuto misterioso di ritmi, doveva acquistare una forza trascinatrice e avvincente più per quello che lasciava intravvedere che non per quello che vi fosse materialmente plasmato (…) Carlo Carrà.
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