Farini, Luigi Carlo: lettera autografa firmata di una pagina e mezzo su quattro (20,5 x 13,5 cm.) indirizzata al conte Carlo Pepoli, poeta, politico e librettista, fu implicato nei moti mazziniani del 1830-31 nella Romagna che lo costrinsero ad emigrare per numerosi anni a Parigi, ove entrò nella Legione straniera francese con il grado di tenente; esule a Parigi, scrisse il libretto de I puritani per Vincenzo Bellini, che ne musicò anche i sonetti La ricordanza, La speranza, Amore e Malinconia, nonché l’ode saffica Alla luna. Collaborò all’Exilé, giornale dei fuoriusciti italiani stampato a Parigi dal 1832 al 1834. Anche Gioachino Rossini ne musicò alcune liriche nelle sue Soirées musicales. Introdusse nell’Accademia dei Felsinei, di cui era vicepresidente, il caro amico Giacomo Leopardi, che gli dedicò l’epistola in versi endecasillabi Al Conte Carlo Pepoli. Fu sindaco di Bologna dall’11 gennaio 1862 al 7 maggio 1866; fu nominato senatore del Regno nel 1862 fino alla morte. Dal 1860 insegnò filosofia e lettere all’Università di Bologna. Fu segretario dell’Accademia di belle arti di Bologna. La lettera è datata Roma 21 luglio 1848. Di notevole, interesse politico e biografico. In ottimo stato di conservazione.
Farini aderì ancora giovanissimo alla Carboneria e successivamente alla Giovine Italia. Partecipò ai moti del 31; combatté anche a Rieti e Rimini; il 5 maggio 1834 divenne medico interno a Montescudo, paese nell’entroterra di Rimini. Nel giugno 1835 lascia Montescudo e si trasferisce a Ravenna; delle sue opere fanno onorevolissima menzione i medici e le Accademie più rinomate che notano il vantaggio in esse nella cura dell’infermità; ha lettere onorifiche dei più celebri professori di Bologna, Firenze, Pisa, Parma, Venezia. Nel 1843 Farini svolge i suoi primi studi sulla rabbia. Nello stesso anno partecipa all’organizzazione dei moti insurrezionali. Ricercato dalla giustizia, il governatore, cardinale Amat (che nonostante le posizioni politiche ne ha stima), gli fa avere un passaporto con cui può lasciare lo Stato Pontificio senza pericolo. Costretto all’esilio, fugge prima nel Granducato di Toscana e da lì in Francia. Riceve dai suoi amici lettere di raccomandazioni per medici e persone influenti di Marsiglia e Parigi. In una lettera per la cugina Clelia, il Farini così si compiace: Ricevo dimostrazioni di cortesia da non pochi fra quei scienziati prestanti che sono la fama del mondo. Ogni clinica mi è aperta e aperto mi è l’adito a gabinetti e ad accademie…; il 20 febbraio 1844 Farini si reca a Firenze; successivamente fissa la sua dimora nel Ducato di Lucca. Qui comincia ad organizzare un movimento insurrezionale che doveva entrare in azione nello Stato pontificio. Ma di lì a poco si rende conto che tale progetto non sarebbe stato realizzabile. Invece dell’insurrezione, propone una serie di riforme di stampo moderato. Nell’estate del 1845 scrive il Manifesto delle popolazioni dello Stato Romano ai Principi ed ai popoli d’Europa, additando a tutti i governi e sovrani europei l’illiberalità delle Corti speciali istituite dal governo dello Stato della Chiesa, e chiedendo una maggiore libertà di azione politica a favore dei cittadini della Romagna. Nel settembre dello stesso anno partecipa ai moti di Rimini e il proclama diventa noto col nome di Manifesto di Rimini. In seguito dell’amnistia concessa dal nuovo papa Pio IX (1846), Farini rientra nello Stato Pontificio. Il 13 ottobre 1847 è nominato primario medico dell’ospedale di Osimo, nelle Marche, e lì si trasferisce con tutta la famiglia. A Osimo egli diventa esponente del Partito d’azione; inizia a dirigere il movimento nelle Marche e nell’Umbria. Nel 1848 Farini si candida alle elezioni del primo Parlamento dello Stato Pontificio e viene eletto nel collegio di Faenza-Lugo. Da questo momento in poi l’impegno politico sopravanza di molto l’attività di medico. Pellegrino Rossi, nuovo primo ministro dello Stato Pontificio, nomina Farini Direttore generale della Sanità, all’epoca un dipartimento del Ministero dell’Interno: è un primo embrione di Ministero della Sanità. Farini rafforza le norme di igiene pubblica, prescrivendo un limite alla densità abitativa, un controllo più stringente nella gestione dei rifiuti urbani (spesso si gettavano oggetti dalle finestre nella pubblica strada), l’analisi della potabilità dell’acqua e una più efficace igiene dei luoghi pubblici, con pulizia regolare di piazze e strade. Il 24 novembre 1848 Pio IX fugge da Roma, aprendo la strada alla seconda Repubblica Romana. Farini non vi aderisce e, in seguito alla formazione del triumvirato Mazzini-Armellini-Saffi, viene destituito. Si rifugia a Firenze e poi a Torino. Torna a Roma il 20 luglio del 1849, dopo la fine della repubblica, e riprende le funzioni di direttore generale della sanità. Nell’ottobre del 1849 il cardinale Domenico Savelli, nuovo ministro dell’Interno, lo destituisce dalla carica. Riprende la strada per Firenze (novembre 1849) e qui scrive La Storia dello Stato Romano, il cui primo volume viene pubblicato nel 1850.
All’epoca delle lettera autografa indirizzata al Pepoli, Farini, sottosegretario di Stato sotto Pio IX, sostiene la necessità di un intervento armato dello Stato Pontificio contro L’Austria, a fianco del Piemonte. Nella lettera annuncia al Pepoli di essere uscito dalla compagine governativa per via delle molte difficoltà che si volevano frapporre ad un intervento. (…) Ho avuto la tua lettera del 18 (…) e l’ho fatta immediatamente recapitare a Mamiani. Io sono escito di fatto dal Ministero il giorno 18 per nuove ragioni aggiunte a quelle che mi avevano fatto rinunciare trenta giorni fa. Io non entrerò al Governo né in prima, né in seconda, né in terza fila, se non quando, poste da bando tutte le altre futili questioni, non si procedesse alacremente, speditamente e francamente nella questione della guerra. Qui invece sono due mesi che si questiona col Papa per sapere se il Ministro degli Esteri sarà il conte Marchetti o un Cardinale, ed intanto i tedeschi invadono lo Stato. Io non voglio più sapere di questa razza di politica puntigliosa, diffidente e neglittosa. Ti parlo col cuore aperto, perché so qual anima leale sia la tua (…) In quarta pagina oltre all’indirizzo e al sigillo in ceralacca, si trova una significativa nota autografa firmata di Carlo Pepoli a fianco dell’indirizzo, nella quale dice: E Farini, Luigi Carlo, poi dittatore; poi Ministro ecc. poi gonfio, e freddissimo amico mio: mentre che abitavamo fraternamente a Roma. Honores mutant mores…
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