Prezzo: euro 650
Autore: Bezzuoli, Giuseppe
Titolo: Lettere autografa firmata
Data: 1840

Bezzuoli, Giuseppe: 7 interessanti lettere autografe firmate inviate fra il 1832 e il 1845 al pittore Ferdinando Rondoni. Rare e ben conservate.

a) Lettera autografa firmata datata Firenze 17 ottobre 1832. Una pagina e mezzo con indirizzo in quarta: 25 x 19 cm. (…) Io compatisco i miei colleghi allor quando ritardano le commissioni; la preoccupazione dell’Arte sovente fa trascurare anche i più cari amici. Io ho saputo dal cavaliere, che fu in Firenze, che il tuo sfondo è venuto assai bene, e tanto il Franceschi che la casa Bertola ne sono contentissimi. Tu mi dici che la stagione è contraria al buon fresco; purtroppo dici bene poiché la calce ritiene molto l’umidità, e non vi è altra risposta che il tramontano, che possa nel momento farti risolvere il tuo fregio; ma siccome tutti i rovesci hanno il suo diritto, avvi la risorsa che il pezzo si mantiene di più e lascia all’artista, che opera, il mezzo onde accurarlo maggiormente, mezzo tanto vantaggioso per chi ha cura della sua professione. Godo nel sentire che tu non sia pentito del nuovo genere di Pittura, mentre devi confermarti della mia lealtà di pensare la quale mi porta a non nascondere i mezzi che cooperano a facilitare il fine; speriam che abbian tomba gli impostori e che con una rigenerazione nuova possan tutti vederci ugualmente…

b) Lettera autografa firmata di una pagina (24,5 x 19,5 cm.): Firenze 24 ottobre 1839. (…) Tu mi parli che i tuoi conoscenti sono felici, e cosa stai a por tuo? Trovati una qualche (stracetta?) bolognese che per il solito sogliono essere una eccellente biada al fuoco che tieni ascoso; fatti intendere e credi non avrai invidia ai tuoi amici. Io sto in campagna, e secondo il mio solito trovo molte risorse in me stesso, giacché dagli uomini è difficile lo sperarne; (…) Io ho fatti molti disegni alle lave di Doccia e a me pare sieno molto belli per essere la natura di questi luoghi confaciente alla mia maniera di vedere. Forse m’ingannerò. Pochi sono stati a trovarmi, ma io vi ho rimediato con dei buoni libri, con la tavolozza, e con il lapis, così dispiegando la malvagità degli uomini ho scacciato tutto il mal’umore che poteva avvenirmi. Baroni è stato molti giorni in mia compagnia, ma disgraziatamente è obbligato a restituirsi in Patria, sicché presto lo rivedrai (…)

c) Lettera autografa firmata di 2 lunghe pagine (25 x 18,5 cm.) datata Firenze 1 gennaio 1840. (…) Non potendoti dare il buon principio d’anno ti augurerò il buon proseguimento. Sono contento nel sentire nella tua ultima che la mia pazzesca lettera abbia prodotto un buon effetto sul tuo spirito oppresso dagli affetti di una ingrata cameriera bolognese, che occupa in questo momento il tuo cuore; bravo Rondoni /chiodo dice il poeta / scaccia da l’asse il chiodo. Lodo questo tuo amoretto, poiché questa sorte di gente sogliono essere di grande utilità allor quando uno si trova in paese straniero, un buco in una calza una rimettitura di fondi in qualche paro di calzoni ed altre piccole bagatelle necessarie ad un uomo lontano da i suoi, accomoda la borsa, e lo spirito più lieto diviene quando si trova soddisfatto nei propri bisogni. Chi sa come è graziosa questa Bolognesotta; io le conosco, ed è perciò che invidio la tua buona sorte; tienitela cara, perché costei ti deve far vedere il paradiso, che se vi è, certo deve risiedere in lei. Sento il tuo lavoro essere avanzato, ma non spero di rivederti così presto, ed imitando la casta Penelope, in senso opposto, disfarai il tuo lavoro un giorno per riniziarlo di nuovo, e così prolungare il piacere con colei / che ti affanna / ma che sà compensare in un momento ciò che dispiace in tanti giorni. In me queste illusioni sono sparite e quando la natura si presenta nella sua forza, il letto solo riceve il sacrifizio a Venere, e la curandoia essendo il fallo in un bucato. (…) L’indifferenza, l’ozio, e l’inerzia formano la felicità / se pur si può dire / di questo infelice paese. L’Atene dell’Italia / così detta/ non ha nulla che rassomigli a lei. Là si faceva tesoro di studi, di dottrine, e di spirito, qua non si fà pompa, che di lusso, imbecillità, e soverchieria. Tutto è finito. Il solo Dio, è il Francescone, a quello tutto si consacra, a quello tutto si assoggetta. Non pensiamo a malinconie / Debbono i saggi adattarsi alla sorte / e siccome tutto finisce finirà anche questo secolo sporco. Sorgerà un era più felice di questa e se noi saremo vivi godremo nel vedere emendato il mondo, e se per disgrazia non siamo più, avremo degli altri piaceri all’altro mondo / che secondo la mia immaginazione / saranno al di sopra di quelli che ci rappresentano i nostri Eulemas cioè di visitare, o Saturno, o Giove, la bella Cintia, e via discorrendo (…)

d) Lettera autografa firmata di 2 pagine (24,5 x 18,5 cm.) datata Firenze 15 gennaio 1840. Una piccola mancanza in 4 pagine per asportazione di carta dovuta ad apertura, lontana dal testo e dall’indirizzo. (…) dalla tua ultima lettera rilevo che tu ti apparecchi / nel tuo soggiorno in Bologna/ a rinnovare la commedia intitolata le trentatré disgrazie d’Arlecchino; e siccome gli uomini d’ingegno non devono trascurar nulla, e profittare di tutto ciò che succede nel corso della vita, così tu ad imitazione di Benvenuto Cellini scrivere la tua vita ad uso di romanzo, ed intitolarla – Le avventure di Baruffa in Bologna – Animo coraggio fatti vedere scrittore, il secolo presente è sostenuto dall’impudenza, e quello che ne ha più è il più felice, e si trova al suo comodo qualche migliaio di Franconi; niente di più facile che il tuo libro abbia un maggiore incontro di una tragedia di Bista, e che venendo agli orecchi del nostro Principe / uomo di tanto acume / tu non prevenga al grado di ciambellano (…) Noi tutti stiamo bene, di buonissimo umore, e pochi quattrini, ma siccome questi non formano la vera felicità dell’uomo così noi abbiamo stabilito di non curarli, e così formare una nuova epoca supposto che questo sistema di vita incontri nella società (…) in attenzione stò per sentire se qualche altra avventura t’arrivasse, o pure altri fazzoletti rubati insomma procura di non lasciare inoperosa la tua vita dannati onde formare il dramma più interessante (…)

e) Lettera autografa firmata di 2 pagine (24 x 19 cm.): Firenze 20 agosto 1840. (…) Io sto bene ed ho già terminato il cartone per l’affresco; questa mattina principio il bozzetto, che spero presto finire avendomi così bene fitto in mente l’effetto, da considerare come un baleno l’esecuzione. Mi trovo veramente in gamba, come suol dirsi, e se continua di questo passo, a farmi infelice non basterebbe, neppure Venere istessa, se venisse da l’Olimpo a perturbare la quiete del genere umano con le sue bellezze. (…) Il Borrini parte sempre, e non parte mai; forse teme di lasciare la soave delizia del suo cuore; o pure delle (?) che potrebbero nascere nel suo cranio così spogliato di capelli, da dar troppo nell’occhio al pubblico sempre intento a delle nuove scoperte. Credo che diverrà mio pigionale; l’appartamento, la situazione, e la quiete che regna in questo luogo, tutto concorre a fargliela desiderare: se accadesse ne sarei lieto. Nel fare il ritratto di codesto professore procura di porvi attenzione, essendo bene che tali uomini siano riprodotti alla società, e si dica dai posteri questi fu la fiaccola accesa dell’Università di Pisa nel mille etc. etc. (…)

f) Lettera autografa firmata di una pagina e mezzo (24 x 19 cm.): Firenze 29 agosto 1840. (…) Tu mi domandi nuove del Panerai? Non posso dartene alcuna non sapendo di lui né prezzo né (?) Ne ho dimandato al Caffé, al Barrioni, e a tutti quelli che potevano saperlo e tutti hanno risposto u u u e chi oda dove è: vi è chi dubita essersi annegato per amore, chi per debiti, ed alcuni asseriscono aver fatto la morte di Narciso, essendo in campagna a far degli studi di Paese, la combinazione abbia fatto di trovarsi ad un fonte e vistosi così bello, abbia finito i suoi giorni di consunzione. Le noje vengono dalla parte di mare, e per conseguenza meritano conferma; sentiamo cosa ne diranno i giornali, e di lì ci regoleremo sopra il suo stato o presente, o passato. Ridi allo scherzo senza dar peso alla mie mattie, che spesso / come Pittore / mi passano per la mente. (…) Ho terminato il bozzetto del mio affresco, e ne sono passabilmente contento, parendomi che fra tanta robaccia possa stare anche questa. Adesso dopo un buon riposo, velerò il mio quadro, togliendo quello che costa tanta pena il mettere, poi esponendolo al pubblico vedremo se si rinnoverà la vigilia della Fiera della S.S. Annunziata. Questi concorrenti dei diluvi sono agli estremi per consegnare le loro opere; il Canicci si strappa i capelli avendo sentito dire che il Turchi ha fatto un bel quadro; il Turchi è diventato pallido essendo arrivato il quadro di Roma del Caimi; il Bandinelli non ha paura, il Maramini teme di non finirlo, ed io fra tanti disperati sono pronto con dell’acqua di Colonia per fare ritornare alla vita tanti agonizzanti ai quali prolungata un paio più la sua disgrazia finsicono come il loro argomento cioè tutti morti. Tu cosa fai? Non dormire perché il sonno è parente della morte. (…)

g) Lettera autografa firmata di 3 pagine (25 x 158,5 cm.) datata Pisa 7 agosto 1845. Una mancanza in terza pagina con la perdita di due parole, senza che se ne infici il senso, all’altezza del sigillo di ceralacca. (…) Eccomi nella tua Patria dove sebbene abbia perduto l’antico splendore, gli resta tanto nei monumenti della piazza del Duomo da formare un’idea dell’antica grandezza. (…) dopo pranzo per non perdere tempo mi sono portato ai bagni ed ho parlato con il medico il quale mi ha subito assegnato per il giorno appresso un bagno dalle undici a mezzo giorno. La mia dimora sarà in Pisa giacché vedo mi conviene assai più. La sera al Caffé dell’Ussero ci viene il Bianchi, i (…) L’Istesso giorno fui a trovare il Carmignani e per una falsa imbasciata non mi riceve; vi tornerò e ti ragguaglierò della conversazione fra noi, ma dubito / secondo come si dice / andare a vuoto per ora la commissione. Ho veduto dell’Hayez con il quale abbiamo fatto una lunga chiacchierata; la sera anderò spesso dalla sua amica Taddeoli dove con Tonino passerò qualche ora felice. Fui dalla Vaccà ma non la trovai in casa (…) Una delle prime visite è stata al Duomo che quantunque visto e rivisto pure mi ha sorpreso. Il quadro del trapassato Benvenuti mi ha piaciuto più del solito e sebbene opera umana racchiude dei meriti non comuni; io sono di parere esser questo uno dei suoi Capi lavori per cui il Benvenuti possa andare alla posterità; il Benvenuti in quel tempo era dipintore italiano, le vicende politiche lo fecero divenire francese, e questo fu il suo tracollo. Io più invecchio e più mi ostinerò in questa massima che fuori d’Italia non si può fare della buona pittura. (…)

Bezzuoli è considerato da una parte della critica moderna il più grande pittore toscano dell’età della Restaurazione e, insieme a Francesco Hayez e Pelagio Palagi, tra i protagonisti assoluti della pittura romantica storica italiana, in grado di praticare molteplici generi pittorici, distinguendosi sia nei soggetti storici e letterari, che nelle grandi tele e nelle decorazioni pubbliche e private. (…) il Bezzuoli vien primo dopo l’Hayez: sarebbe suo eguale se invece di studiare a Firenze, avesse potuto, come lui, formarsi a Venezia e a Milano… scrive Giuseppe Mazzini. Bezzuoli sceglie di evolvere la pittura tradizionale barocca e neoclassica a favore di un’arte naturalistica, emozionale, costituita da soggetti tratti dalla storia medievale. L’entrata di Carlo VIII in Firenze, commissionato dal granduca Leopoldo II di Toscana e ultimato nel 1829, segna l’apice dell’attività artistica di Bezzuoli e rappresenta un manifesto della pittura risorgimentale: viene richiamato un importante episodio del passato, la venuta in Italia del re di Francia con l’intento di conquistare il Regno di Napoli e l’inizio delle campagne di dominio dei territori italiani da parte di Francia e Spagna. In primo piano sono ritratti Gerolamo Savonarola, Niccolò Machiavelli e Pier Capponi, fiero oppositore al dominio francese su Firenze. L’episodio allude al periodo storico contemporaneo all’artista: il Granducato di Toscana è passato dal dominio austriaco a quello francese, è suddiviso in dipartimenti e con un’economia penalizzata dal blocco dei porti voluto da Napoleone Bonaparte. Il popolo manifesta la volontà di liberarsi dagli invasori, fenomeni che porteranno al Risorgimento e alla Seconda guerra d’indipendenza. La notorietà conseguita da Bezzuoli gli consente di ottenere numerose commissioni da parte di committenza privata, italiana e straniera, reale e nobiliare. Gli anni successivi al 1840 sono contraddistinti da una particolare attenzione verso paesaggi e ritratti, dove è ipotizzabile una vicinanza all’arte di Jean-Auguste-Dominique Ingres (in particolare nel ritratto della baronessa Ricasoli), che conosce a Firenze e attraverso cui esercita un’influenza determinante sulla generazione successiva di artisti come i Macchiaioli, di parte dei quali è maestro e che si dedicano, almeno nella fase primordiale, in modo quasi esclusivo a questi soggetti.

Richiedi Informazioni