Giudici, Giovanni: O Beatrice, Milano, Mondadori, 1972, 20 x 13,5 cm. Brossura editoriale con sovracoperta; pp. 118, (10). Dedica autografa firmata e datata (1972) di Giovanni Giudici allo scrittore Libero Bigiaretti: a Libero Bigiaretti con l’amicizia e l’augurio (per il suo nuovo libro) … Edizione originale.
In O Beatrice Giudici sperimenta la prova di un rapporto di estraneità tra l’io e la lingua, in virtù della posizione di autoemarginazione che assume lungo i versi, o della molteplicità di maschere separate e scisse dal sé autobiografico. Nella trasformazione e nella trasfigurazione degli individui che in questo libro entrano in gioco, l’autore proietta non l’ombra dell’«uomo impiegatizio», ma i caratteri, le sfumature, i tic, dei «personaggi minori» che attinge dalla sua memoria poetica, e che aveva evocato nella Vita in versi. Il riferimento al protagonista del romanzo di Volponi, Memoriale, è chiaro: il poeta intende prendere le distanze dalla rappresentazione di un tipo umano «disadattato» e afflitto dalla «psicosi persecutoria» della sensazione di isolamento e solitudine. In O Beatrice il processo di distanza e di separazione tra l’io e la lingua stessa sembra realizzare l’antica ipotesi e dare effettivamente forma all’idea e al progetto concepito in precedenza.
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