Berlioz, Hector: lettera autografa firmata di una pagina (24,5 x 19 cm.) indirizzata all’Intendente Generale della lista civile: 16 maggio 1839. Berlioz scrive a proposito della sua importante opera Romeo e Giulietta.
(…) Je viens de terminer deux ouvrages que je desire pouvoir faire entendre au conservatoire au commencement de l’hiver prochain. Comme il m’est impossible de faire les préparatifs dispendieux que nécessiterent au concerts sans etre sur d’obtenir la salle du Garde meuble de la Couronne, la seule convenable pour cela, je viens, Monsiuer le Comte, vous prier de aujourd’hui de vouloir bien m’accorder la disposition de ce local pour les quatre dimanches ci après désignéz. 24 novembre – 1° – 8 – et 15 Décembre. Je serais très reconnaissant de cette faveur (…)
Berlioz diresse personalmente la prima rappresentazione di Romeo et Juliette il 24 novembre 1839 nella Sala dei Concerti del Conservatorio di Parigi. Romeo e Giulietta, una sinfonia drammatica, con cori, assoli vocali e prologo in recitativo armonico, fondato sulla tragedia di Shakespeare, fu eseguita da un centinaio di strumenti e cento voci. L’impressione prodotta sul pubblico affollato fu immensa, e le riviste parigine si prodigarono a vicenda nel fornire critiche e descrizioni elaborate di questa straordinaria produzione, tutte concordi, tuttavia, nel definirla un’opera di strabiliante potenza e genialità. Per ovviare all’obiezione mossa alla sua musica, definita vaga e descrittiva, Berlioz introdusse la sua sinfonia con un prologo, costituito da un coro, che lui chiama recitativo dell’armonia, perché scritto in tre o quattro parti che recitano l’argomento del poema e fungono da chiave per i movimenti strumentali che seguono. L’effetto ottenuto fu impressionante, tanto più che le parole di questa recitazione, nonostante il numero delle voci, furono così ben articolate da essere perfettamente comprese.
Secondo alcuni giornali dell’epoca, il gigantesco lavoro di Berlioz avrebbe costituito una pietra miliare nella storia della musica. Berlioz, definito il successore di Beethoven, ricevette dal suo protettore ventimila franchi per l’allestimento della sua faraonica opera; le spese per portare a termine questo lavoro furono enormi, a causa anche della miriade di interpreti vocali e strumentali impiegati in esso. Le critiche per la sfarzosa scelta di Berlioz furono tante, ma l’ondata di successo ricevuta dalla sua opera mise quasi tutti i critici a tacere. Il terribile gioco, scrisse Jules Janin, nel Journal des Débats, che Berlioz ha dovuto giocare, è vinto. Coloro che lo abbandonarono, lo tradirono, trattarono la sua opera con disprezzo, quelli che non lo comprendevano né sentivano per lui, il grande cantante che non era abbastanza virile per sostenerlo, e lo lasciarono per strada, cosa diranno ora? Tutto quello che possono dire è: “Mi mordo il pollice”, come i Capuleti ai Montecchi.
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