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Autore: D'Annunzio, Gabriele
Titolo: Primo vere
Editore: Carabba
Data: 1880

D’Annunzio, Gabriele: Primo Vere. Seconda edizione corretta con penna e fuoco ed aumentata, Lanciano, Carabba, 1880, 16,7 x 10 cm. Legatura coeva in pergamena con piatti parzialmente rivestiti da carta marmorizzata (qualche piccola mancanza della carta); scomparti dorati al dorso; titolo in oro su etichetta rossa al dorso; iniziali incise in oro al dorso di Vincenzo Rapagnetta, zio di D’Annunzio. Pagine 162, (2), con numerosi fregi tipografici incisi. Un ritaglio di giornale antico inserito tra le pagine 8 (bianca) e la pagine 9 (con la dicitura Libro I) ha ombreggiato le due pagine. Due o tre leggerissime note a matita coeve probabilmente per mano di Rapagnetta. Esemplare fresco, ben conservato.

Interessante esemplare appartenuto a Vincenzo Rapagnetta: proviene infatti dalla sua biblioteca personale romana, nella quale erano presenti altre opere di D’Annunzio, tra le quali San Pantaleone, con la firma autografa di Vincenzo.

D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da Luisa de Benedictis, dalla quale erediterà la fine sensibilità; e da Francesco Paolo Rapagnetta, il quale aveva acquisito nel 1851 il cognome D’Annunzio da un ricco parente che lo adottò, lo zio Antonio D’Annunzio, da cui Gabriele erediterà il temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, che portarono la famiglia da una condizione agiata a una difficile situazione economica. Un Don Vincenzo Rapagnetta è nominato da D’Annunzio in Le Novelle della Pescara: (…) Per oltre un mese le rappresentazioni dell’opera del cavaliere Petrella si seguirono con favore crescente. II teatro era sempre pieno, gremito. Le acclamazioni a Leonora scoppiavano furiose ad ogni fine di romanza. Un singolare fenomeno avveniva: tutta la popolazione di Pescara pareva presa da una specie di manìa musicale; tutta la vita pescarese pareva chiusa nel circolo magico di una melodia unica, di quella ov’è la farfalla che scherza tra i fiori. Da per tutto, in tutte le ore, in tutti i modi, in tutte le possibili variazioni, in tutti gli strumenti, con una persistenza stupefacente, quella melodia si ripeteva; e l’imagine di Violetta Kutufà collegavasi alle note cantanti, come, Dio mi perdoni, agli accordi dell’organo l’imagine del Paradiso. Le facoltà musiche e liriche, le quali nel popolo aternino sono nativamente vivissime, ebbero allora una espansione senza limiti. I monelli fischiavano per le vie; tutti i dilettanti sonatori provavano. Donna Lisetta Memma sonava l’aria sul gravicembalo, dall’alba al tramonto; Don Antonio Brattella la sonava sul flauto; Don Domenico Quaquino sul clarinetto; Don Giacomo Palusci, il prete, su una sua vecchia spinetta rococò; Don Vincenzo Rapagnetta sul violoncello; Don Vincenzo Ranieri su la tromba; Don Nicola d’Annunzio sul violino (…)

D’Annunzio sedicenne dedicò tutto il periodo delle vacanze estive per redigere la sua prima opera, composta durante la frequentazione del Reale Collegio Cicognini, e poi con l’accordo del padre, decise di farla stampare a spese della famiglia. Svanita però l’illusione di fare pubblicare la raccolta da uno dei migliori editori milanesi, il padre ripiega sul tipografo Giustino Ricci di Chieti, con cui viene combinata per 500 lire, un’edizione in 500 copie. La prima edizione di Primo vere comprende ventisei poesie, quasi tutte dedicate ad un rappresentante della famiglia, ad un amico oppure alla musa ispiratrice, di nome Lilia; è poi presente un’appendice che contiene quattro traduzioni di Orazio.

Tra il luglio e l’agosto del 1880 D’Annunzio si occupa di rinnovare alcuni componimenti della prima edizione di Primo Vere e di scriverne di nuovi, e, nell’ottobre dello stesso anno, Filippo de Titta (amico d’infanzia di D’Annunzio e fratello di Cesare De Titta), per incarico di Francesco Paolo D’Annunzio, conclude l’accordo con la tipografia Carabba di Lanciano, per la stampa di 500 copie della nuova edizione. Per incrementare le vendite, sfruttando un espediente à la page, il cui precedente si può ravvisare in Postuma, D’Annunzio faceva pubblicare la falsa notizia che l’autore era morto cadendo da cavallo. La seconda edizione dell’opera è composta da cinquantasette liriche, oltre a diciannove traduzioni, ed è strutturata in quattro libri, sette studi a guazzo, una fantasia orientale, tre acquerelli, sette idilli selvaggi, un’appendice con le traduzioni di Catullo, Tibullo e Orazio ed infine quattro inni omerici. La correzione ha previsto la soppressione di quindici poesie della prima edizione, molte delle quali riconducibili al primo periodo di produzione.

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