Bruno, Antonio: Come amò e non fu riamato Giacomo Leopardi. Studio letto all’università di Roma il 7 maggio 1912, Roma, Paolazzi & Valentini, 1913, 24,5 x 17 cm. Brossura editoriale; pp. 35, (5). Dedica autografa datata (1919) e firmata di Antonio Bruno. Opera prima, piuttosto rara. Edizione originale.
Antonio Bruno nacque nel 1891 a Biancavilla, provincia di Catania, da una famiglia borghese. Uomo colto, raffinato, scrittore innovativo, poliglotta, esterofilo, eccentrico, visse la sua vita all’insegna della letteratura. Dai frammenti sparsi ricavati dai suoi fogli è possibile cogliere il vero significato della vita di colui che fu accostato a Giacomo Leopardi. Con quest’ultimo condivideva il pessimismo, la gobba lasciatagli dal morbo di Pott, l’amore non corrisposto, l’irrefrenabile, doloroso desiderio di Assoluto, la stesura di uno “zibaldone” dal titolo “Quaderni “. Bruno era fisicamente e moralmente malato, tanto che divenne un tossicomane per curare la sua depressione. Si definì «la sirena lacerante dei risvegli e la raffica che spazza i cieli e muta le stagioni». Si racconta che fosse solito passeggiare per Villa Bellini, e per le altre vie cittadine, recando in mano dei fiori che appoggiava sul viso di ignari passanti per predir loro la sorte. Come tanti grandi artisti, non sopportando più il dolore, vivendo di stenti e povertà fisica e morale, pose fine alla sua vita in un camera d’albergo a Catania, alla fine d’agosto del 1932. Fu una delle vittime di quella fatale e seducente alchimia che fonde mirabilmente l’arte con la vita. (Sabrina Portale) Sprofondato in uno spleen straziato, ormai rattrappito su se stesso Bruno si abbandonò a una tentazione di oblio: “Noi siamo come siamo e saremo come potremo essere. In quanto poi all’avvelenamento dovuto a un libro, è cosa non mai udita. L’arte non ha dominio di sorta sulle azioni: essa annienta il desiderio di agire, essa è superbamente sterile” (Antonio Bruno)
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