Belli, Carlo: lunga lettera dattiloscritta siglata, con correzioni autografe, indirizzata il 31 gennaio 1977 da Belli allo scultore Colbèr: 5 pagine (28,5 x 22 cm.) a proposito dell’astrattismo.
(…) Poiché la tua lettera mi mette dentro non so quale rimorso, o corruccio … scrivo questa lettera, un po’ contrariamente alle mie abitudini, per confermarti tutto quello che ti ho detto, a proposito di quella tua scultura e di quel tuo articolo (…). La scultura (o l’arte) cosiddetta “astratta” non può prescindere, come quella figurativa, dal racconto. Non ha importanza il fatto che nella “figurativa” tale racconto (o sua umana “leggibilità”), sia espressione di una realtà tutta visiva e soffusa di componenti etico-sentimentali; mentre nell’astratta, tale racconto si esprima rigorosamente attraverso le categorie stesse dell’arte) ossia suoni e ritmi per la musica, colori e forme per la pittura, forme e volumi per la scultura). Sempre un racconto ci vuole, vale a dire una sequenza logica di fatti sonori, o cromatici, o plastici, che costituiscano, nel loro insieme, un discorso. (…) Vi è poi la commistione tra astratto e figurativo, che è sempre conturbante e suscita perplessità. Ricordo che Luigi Dallapiccola nel suo “Volo di notte”, rappresentato la prima volta a Firenze nel 1939, intramezzava la “serie” alla scala diatonica. Trovandomi a quella prima, scrissi un articolo dicendo che tale commistione tra il mondo dei dodici suoni (manipolato dalla serie), e il sistema tonale, tolemaico fin che si vuole, ma ben preciso, suscitava turbamento e disagio. Mi scrisse che avevo ragione (…) Quanto al tuo scritto, “La triste realtà”, devo dire che mi è sembrato piuttosto scombiccherato. Personalmente sento fastidio per il parlato sulla pagina. (…) Mi capita, per di più, di leggere spesso nei tuoi scritti, ironie, sarcasmi e deprecazioni contro il “comportamento”. Tale locuzione, e ciò che significa, è fuori corso già da un paio d’anni. Se vuoi mostrarti un bravo intellettuale à la page, non parlarne più. E’ come ti scagliassi oggi, contro l’informel. Con buona pace della tua amica Buccarelli, del Fautrier nessuno osa più parlare (…) Un amico che ti volesse bene, potrebbe consigliarti, nello scrivere, di usare locuzioni impersonali e d’introdurre, più spesso che puoi, schemi aleatori corrispondenti all …, al videtur (…) Siamo nati in provincia, tu ed io. Accanto a qualità che non si possono contestare, la provincia ha anche lati che permangono negativi. La discussione al Caffé Rosmini di Rovereto, o alla birreria Pedavena di Verona, era sfogo santo, negli anni Venti, per noi, intombati sulle rive dell’Adige, mancanti di contatti vitali con le grandi città, avidi di una vita culturale che supponevamo fiorente nei grandi centri. Ma quel tempo è ben trascorso (…) Ma che vuoi discutere? Tutto è stato discusso. Vedi la bella figura che fanno (io non li vedo più) i partecipanti ai dibattiti, alla Radio o alla Televisione! Quella mancanza di discrezione, quel gridare a vanvera, quella presunzione figlia dell’ignoranza (…)
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