Budigna, Luciano: lunga ed intensa lettera autografa firmata di 2 intere pagine (30 x 21 cm.) indirizzata nel gennaio del 1944 a Grazia Daretti. Conservata la busta con francobolli ed annullo postale.
(…) Neppure oggi, un pomeriggio mite di nebbia e di sole – oh questo (?) così irrimediabilmente quieto per la mia terra! – ricevo la tua lettera. Non sono dispiaciuto del ritardo, anzi posso dire di esserne quasi contento, per delle ragioni che non posso ancora spiegarti, perché forse non oso ancora spiegarle a me stesso. Ora che ti scrivo è già notte, sono rimasto solo e la mia stanza è piena di fumo (…) c’è anche un dolce profumo (…) Ti parlo come ad un’amica, nel significato profondissimo che ha per me questa parola; e forse è un significato esclusivo: la mia unica amica. Sento che è così: anche se a Roma non ce ne siamo accorti. Due immagini di te serbo nel cuore (perdonami l’endecasillabo): una in via Nomentana, un mattino di sole, l’altra in una stanza di Palazzo Braschi, una sera precoce di primavera. Ma non è vero che la felicità (la felicità apparente è profondo dolore, nauseante tristezza) si possa comprare a borsa nera. Un attimo di felicità si sconta col passato e col futuro se non è lo stesso presente a fare contrappeso. E non è vero che soltanto col sole si possa essere felici. E Lucio non è un cuore inaridito: è invece così aperto, così capace e desideroso d’amore umano, un amore che mi sento d’avergli celato (…) Darei non so quanto – più di quello che voi stessi possiate credere – per poter essere un ora con voi, per poter guardare i vostri cari visi. Io qui vivo, oh si, questo posso dire. Da qualche tempo ho potuto riprendere a scrivere qualcosa, dopo mesi di aridità. Dì a Lucio, ti prego, che mi mandi qualche cosa di molto impegnativo, per Vallecchi, a cui i Topi non è dispiaciuto ancorché, secondo lui, un poco cecoviano. Tu hai lavorato molto per l’Università (…) A me, ora più, molto più di una volta, è preclusa la via ad uno studio regolare: preclusa dal di dentro, naturalmente. Per ora non penso a laurearmi. Non mi importa in nessun senso. Ho torto marcio, lo so. Ma che ci vuoi fare. Dopo tutto essere uomo conta più che essere prof. in lettere. (…) Vorrei, mia cara, restare a scriverti tutta la notte, ma devo tradirti: il dolce profumo riprende i suoi diritti, e io devo accendere ancora una sigaretta, ed ascoltare le sue misteriose parole (…)
Il poeta Luciano Budigna nasce a Trieste nel 1924; quindi si trasferisce a Roma dove si laurea in lettere. Ha collaborato a vari periodici come scrittore e critico d’arte. In qualità di traduttore si è cimentato con autori come Holderlin, Racine e Ronsard. Secondo quanto riporta il Dizionario generale degli autori italiani edito da Vallecchi, la sua poesia è un prodotto caratteristico della lacerazione provocata dalla guerra nei giovani educati alla letteratura nel periodo ermetico, bruscamente posti davanti ai nuovi impegni della realtà e della ideologia postbellica. La sua prima opera, Pianura, è del 1944.
Richiedi Informazioni