Milo-Guggino, Francesco: rara lettera autografa firmata indirizzata a Rosolino Pilo di ben 8 intere e densissime pagine (22 x 17,5 cm.): in data 17 agosto 1858 il marchese scrive un vero e proprio piccolo trattato rivoluzionario. Eccezionale il testo di questa lettera scritta da un nobil uomo pronto a sacrificare tutto per l’unità e la Repubblica.
Il 20 settembre 1859 Mazzini inviava a Vittorio Emanuele un appello invitandolo ad assumere la guida del movimento unitario e a promuovere un accordo tra tutte le forze politiche nazionali. Era la penultima tessera di un mosaico politico che si stava componendo e che un anno dopo, nel settembre 1860, sarebbe stato completato dall’ingresso di Garibaldi a Napoli. Due circostanze intervennero allora a favore del Piemonte: l’Inghilterra si schierò finalmente a favore della libertà degli italiani insorti e Napoleone III si schierò nuovamente a fianco del Piemonte lasciando intendere che, in cambio di Nizza e della Savoia, non si sarebbe occupato delle questioni politiche relative all’Italia centrale. Cavour fu richiamato: propose subito plebisciti per annettere tutti gli Stati insorti, tranne quello della Chiesa al Piemonte: le urne diedero all’annessione una valanga di consensi. Il Trattato di Torino del 24 marzo 1860 sancì l’annessione della Contea di Nizza e della Savoia alla Francia. Il Piemonte acconsentiva alla cessione degli antichi territori sabaudi, da confermare mediante plebiscito. Intanto al sud riprendeva l’iniziativa militare ad opera di Francesco Crispi e Rosolino Pilo, grazie ad una fitta rete cospirativa e ai collegamenti con Mazzini e Londra e con i comitati segreti di Messina, Catania, Palermo. Notevolissima in questo senso è la stupefacente testimonianza autografa del nobile Francesco Milo – Guggino, marchese di Campobianco, patriota esule in Francia, indirizzata proprio a Rosolino Pilo. Guggino autore di un incandescente Programma rivoluzionario del popolo siciliano, profuse energie fisiche e finanziare per la causa siciliana ed italiana, compiendo un’importante operazione di sollecitazione e finanziamento dei rivoluzionari. Sarà per questa ragione che la sua presenza in Francia diventerà sempre più sgradita, specialmente dopo l’attentato a Napoleone.
Guggino scrive da Parigi esternando tutta la solidarietà e il suo appoggio alla causa siciliana, alla quale Pilo si stava dedicando anima e corpo nel tentativo di organizzare un’insurrezione anti – borbonica per liberare la madre patria. (…) Sento, e nel profondo dell’anima sento … quel che mi scrivi per la madre – patria nostra … E vorrei esser Creso in ricchezze e Briareo in cento braccia per contribuire dalla parte mia in tutto e per tutto (…) Guggino informa Pilo che tanto Crispi quanto Domenico Muratori, esuli insieme a lui in Francia, stanno per essere espulsi e con loro anche Ragona per il quale tanto egli dice di essersi adoperato. Ragona, autore di un libro pubblicato a Parigi nel 1853 col titolo di La politique angloise et française en Sicile pendant les années 1848 – 1849, è un grande amico del marchese, al quale questi si dichiara essere molto affezionato: (…) Per me Vito Ragona è stato più che un amico; anche un grande sollievo nello assistermi in certe speculazioni in cui son costretto … per non coricarmi, da qui a due o tre anni, in un con la povera famiglia mia, sulla paglia! (…) Guggino racconta all’amico della sua difficile situazione parigina: si trova senza danari anche a causa dei debiti contratti all’epoca dei moti del 1848, di cui fu un finanziatore, ai quali si è aggiunto il fallimento di due procuratori e il mantenimento forzato di tutta la famiglia (sette in totale, figli, marito e moglie) nella costosissima Francia: (…) Delle duemila e cinquecento onze annue del mio patrimonio me ne hanno lasciato, lo crederesti? solo onze quattrocento sessanta nove di netto! (…) Pertanto, per tirare avanti, il marchese dice di applicarsi anche alle scienze esatte, per le quali ha qualche talento: ha già inventato alcune cose, di cui una brevettata, ma occorre troppo denaro per andare avanti con gli esperimenti. Per fare dunque fronte a tutte le spese Guggino dice di essere costretto a vendere le ultime rendite rimaste e non può fare altrimenti almeno sino a quando sarà trattenuto a Parigi: (…) Ecco perché sono inchiodato qui in questa Babilonia di fango ed orpello, con un clima sì sciagurato e assassino per la mia salute che proprio, in ogni inverno, mi riduce una carogna … per terra … Dolori reumatici alla nuca che affatto mi stordiscono per settimane e per mesi; dolori reumatici alle gambe che mi gettano notte e giorno su la poltrona. Di questi incomodi (la sifilide!), sin da quando nella mia gioventù l’alma Venere me ne regalò, ne soffriva in Palermo di quando in quando ma mille volte meno tormentosi ed intensi di quanto qui li subisca … Pazienza! (…) Sino al 1860 dunque il marchese non si può muovere dalla Francia. Nonostante la sua incertezza economica, Guggino si dice pronto a contribuire alla causa siciliana per la quale si impegna, poco alla volta, a versare cento franchi e chiede istruzioni su come inviarli: (…) Ma che si può? E che si dovrebbe nella situazione attuale politica e morale dell’Italia nostra? … – o tutto o niente! – O Repubblica … o status quo di tirannide! La rivoluzione non è più spiritualistica sentimentalista ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. … ma assolutamente materialista … Un pugno di uomini vivono come Dei … l’immenso numero come bestie da soma … Senza il pane morale che è l’istruzione, e il pane corporeo che è il lavoro da cui proviene la pagnotta …! Intelligenta pauca! E pare che i nostri concittadini e connazionali (gli agiati) i più liberali, non intendono né vogliono intendere né anco la parola che espressa l’oggetto della rivoluzione … la idea socialista … Rivoluzione sociale ecc. ecc. Repubblica Sociale ecc. E quasi facendosi un piacere di posarsi in vittima sempiterna piagnuccolano di glorie antiche di eroismi anacronistici, e di indipendenza nazionale con plebi affamate ossia popolo mai Popolo … id est: Re costituzionali, aristocrazie e liberali, privilegiati di monopoli e simili … a sentirli, V. Emmanuele è ciò che conviene ! … Lavorare per conseguire cosiffatte ipocrisie nefande mi pare non valga la pena del solo pensarvi … Tu mi dici di scrivere articoli … Potrei scrivere qualche cosa di radicale .. per vivere anche in Italia, come pur troppo me l’hanno addossati in Palermo, la taccia di stravagante, di visionario, di stolto? a qual pro? Per qual fine? E se ti dicessi che cacciare l’Austriaco è una baggianata solenne, pria che non si scacci via il principe costituzionale, il citrullo Sabaudo! … tu stesso, caro Rosolino, l’approveresti? E se ti dicessi di mandare al diavolo Mazzini che tanto sino al ‘48, … dal ‘49 in qua non altro ha saputo fare se non da Zimbello e da rete per che la Riazione prendesse gli uccelli … senza incomodarsi od anche di tirare la corda … l’approveresti del pari? E se ti dicessi che quale che si fosse giornale o programma, che canti chiacchiere e non prepari fatti, è di per se nullo; e, peggio che nullo, dannoso … saresti meco d’accordo? (…) Guggino discute quanto sia opportuno produrre una testata rivoluzionaria nelle condizioni politiche e morali in cui si trova l’Italia, quando cioè non c’è un comitato dirigente veramente nazionale, italiano, composto dai rappresentanti di ogni stato d’Italia: (…) Io non so se hai avuto e letto l’opuscolo mio che indirizzai da Marsiglia nel ‘51 a cotesto Comitato Nazionale italiano (cabalistico – gesuitico – minchionissimo Mazzini e Compagni) intorno a codesta idea (…) Quando ancora nelle singole classi si piange e ci si commisera della situazione politica senza parlare davvero degli interessi materiali del popolo, allora non ci sono le condizioni per parlare di rivoluzione. La propaganda rivoluzionaria deve avere un’impostazione diversa, deve mirare ad uno scopo diverso, deve capire quando e se gli animi sono pronti all’azione: (…) Mentre oggi la propaganda rivoluzionaria deve essere tutta altra cioè: dire e far toccare con le mani al ricco benestante al commerciante all’agricoltore allo scienziato all’artista e ad ogni altra classe del Popolo … – La Monarchia ha questi mali – La Repubblica ne ha questi altri – La Monarchia ha questi beni. La Repubblica ne ha questi altri … I mali della Monarchia sono a mille doppi e maggiori dei mali della Repubblica – I beni della Monarchia sono a mille doppi minori di quelli della Repubblica per ogni ceto per ogni classe per ogni categoria o stato individuale di cittadini … e ciò per questa e quest’altra ragione ecc. ecc. Volete la Repubblica? Volete la Monarchia? – Contiamoci! Se la maggioranza, od almeno una buona parte di cittadini, sia pel nuovo e non pel vecchio, allora si deve, si può tentar la impresa. Altrimenti si faranno buchi non nell’acqua … Ma nel puro, nel più prezioso sangue! (…) Guggino sollecita Pilo a scrivergli le proprie opinioni circa le questioni trattate affinché essi possano influenzarsi reciprocamente e chiarirsi sul da farsi: (…) Ciò per non ripisciarci noi più in continui piagnistei e pulcinellate indegni della nostra sublime sventura di Italiani compressi; ma giammai vinti, giammai avviliti, giammai degeneri e sempre indomiti! … Beninteso che parlo dei pochi come te e me e i molti altri! I quali potessimo bastare; se, consoni concordi e uniti, incominciassimo opera adeguata e giusta, ad esempio di coloro che con tutta la buona volontà giacciono, non per tanto, infingardi e pigri; ma che ricevuta la spinta … ci seguirebbero! (…) Guggino ringrazia Pilo per la favorevole opinione espressa sull’opuscolo stampato dal marchese, embrione di un’opera più importante che egli stava preparando a Malta nel 1850 e forse parte di quel Programma rivoluzionario del popolo siciliano ristampato nel 1994 per la cura di Salvatore Candido. Libro che Guggino dovette interrompere e lasciare allo stato di progetto, sia per ragioni di tempo che per più pressanti motivi pratici: (…) E ne anche lo potei finire come avrei voluto … perché in su le prime, dopo l’affare Nardi, che tu certo saprai, scoperta in Napoli (spie le autorità inglesi medesime!) la corrispondenza epistolare ecc. ecc. ecc. … io, il povero Fichera e tre o quattro altri compagni, avemmo intimato lo sfratto dall’Isola, e ci volle la mano di Dio per ottenere un allargo di tempo ecc. … Quando per colmo di sventura (dopo fatto lestamente l’ospedale) ci entrò il Colera …! si che io, (che a qualunque rischio e costo volea quando niente altro accozzare quelle pagine necessarie all’uopo) dovei mandare la famiglia in Marsiglia e restai solo per alquanti giorni sin che compìi come meglio potei l’opuscolo – con morto tra i vicini! Giunto in Marsiglia … volea ripigliare la idea e lo scritto – Riserbandomi di meglio farlo in Parigi … arrivatovi mi cadde la penna dalle mani vedendo la riazione già in marcia trionfale e gli animi dei nostri già sbalorditi! … ecc. ecc. Sicché l’opera restò pulcino! … Basta noi ne riparleremo! (…) Delle 2.500 copie stampate dell’opuscolo solo pochissime ne furono distribuite e penetrarono in Sicilia e a Napoli, perché nessuno volle prendersi l’impegno di distribuirlo. Neppure il Mazzini e compagni, a cui fu mostrato, si degnarono di mandare un riscontro a Guggino: (…) Dopo tutto ciò caro mio Rosolino … di politica rovescia e ridicola e di propaganda senza bussola e appoggio ne ho i coglioni gonfi! Per cui concludo questa lettera con dirti – Senza logica non si può far nulla di ragionevole …, Senza unione e comunione di idee giuste appropiate alla circostanza delle cose … Si farà sempre fiasco … a cui faranno eco i fischi e qualche cosa di peggio .. !!! – Avrei piacere di recapitare il tuo Giornale, e allora spartanamente te ne darò il mio parere … La mia penna, se può giovare, è pronta all’ordine … P. S. Fammi il piacere di riscontrarmi subito, e guarda al suggello e sappimi dire il giorno e l’ora del recapito, affinché resti sereno e tranquillo. Intelligenta pauca!
Il 3 e 4 aprile 1860 scoppiarono i primi moti a Palermo; Garibaldi informato decise di intervenire in Sicilia; il re era segretamente favorevole, mentre Cavour era perplesso. I moti di Palermo erano falliti, ma ormai il dado era tratto: Garibaldi partiva per la Sicilia: che il Regno delle due Sicilie fosse un nodo centrale per la causa italiana lo aveva detto già Milo Guccino. Da Genova i due piroscafi Piemonte e Lombardo s’imbarcarono con Garibaldi e i volontari alla volta della Sicilia.
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